1.3.06

Una storia italiana

Contrariamente al solito, l'immagine di questo post e' alla fine del testo, non all'inizio. Questo perche' se siete facilmente (o meno) impressionabili, minorenni, o trovate la nudita' offensiva potete fermarvi prima di rivelare la fotografia nella propria interezza.

Una storia affascinante, che vi riporto da 'Repubblica'. Non so se state seguendo la vicenda, ma spero di si', visto che uno dei signori in questione vi chiede di votare per lui il 9 aprile. Come potete immaginare, dato il coinvolgimento di Mr.Mills e della sua importante Signora, la storia e'arrivata anche qui - ma per la prima volta leggo dei veri motivi dietro le azioni. Qualcuno dovrebbe farci un film - e magari venderne i diritti a tre volte il loro prezzo....



Silvio Berlusconi, David Mills e la storia dei diritti Tv gonfiati.

Non è il titolo di una soap opera hollywoodiana ma di una tecnica sopraffina con cui le telenovelas acquistate in California venivano importate in Italia a un costo tre volte superiore. Oggi Berlusconi è accusato di corruzione per aver regalato all' avvocato Mills 600 mila euro in cambio di una sostanziale "copertura" nelle deposizioni ai giudici.

Ma per capire occorre tornare agli anni ' 80, agli albori della tv commerciale in Italia. O almeno al 1982 quando viene costituita a Londra dallo studio legale Carnelutti, di cui Mills è il
referente, la Cmm, finanziaria destinata a tirare le fila del "comparto riservato" di Fininvest. Un arcipelago di società, almeno 64, ricostruito da una perizia della Kpmg, società di consulenza internazionale, commissionata dalla Procura di Milano nel novembre 1996 e conclusasi due anni e mezzo dopo.

Proprio in quella perizia si ritrovano le parole di Mills che spiegano la "ratio" della rete parallela di società off-shore. «Il Gruppo B è un' espressione utilizzata per differenziare le società ufficiali
del Gruppo A da quelle, pur controllate nello stesso modo dalla Fininvest, che non dovevano apparire come società del gruppo per essere tenute fuori del bilancio consolidato. Un promemoria
definiva le società del gruppo B "very discreet" (molto riservate) perché il collegamento con il gruppo Fininvest rimanesse segreto». L' arco temporale scandagliato dalla Kpmg va dal 1989 al 1996, l'anno in cui Fininvest portò Mediaset in Borsa riuscendo ad abbattere un indebitamento di circa 4 mila miliardi di lire su un fatturato di 11.500. Nei sette anni che portano alla quotazione,
il denaro che transita attraverso le società del Gruppo B è una montagna: secondo la Kpmg si tratta di almeno 3 mila e 500 miliardi di cui 884 occultati off-shore. Dal 1994 in poi la rete
di società viene in parte smantellata o quantomeno trasferita alle Bahamas. è dunque ragionevole pensare che le pratiche adottate dalla Fininvest sui diritti televisivi negli anni ' 80 e fino al
1996 siano state poi interrotte o ridotte perché incompatibili con la presenza di azionisti terzi. Però, fino a quel momento, le pratiche border line sui diritti tv possono aver avuto un effetto
sul fisco italiano e, se verranno provate, sulla costituzione di fondi neri all' estero. L' inchiesta sui fondi neri del gruppo parte infatti nel 2001 quando dalla Svizzera arriva la risposta a
una rogatoria della procura milanese che svela come due società off-shore specializzate in diritti tv, la Universal One e la Century One, farebbero in realtà riferimento a Mediaset.

Un banchiere che negli anni ' 80 era creditore del gruppo Fininvest racconta che la pratica in quegli anni era la seguente. Gli emissari di Fininvest e Rai andavano a Hollywood a trattare l'
acquisto dei diritti. Fissato il prezzo, non li compravano direttamente ma facevano entrare in gioco le società off-shore, attraverso cui i diritti transitavano e lievitavano di prezzo.
Quando arrivavano in Italia sia Rai sia Fininvest acquistavano i diritti a prezzi almeno triplicati. Inoltre, poiché i diritti tv venivano ammortizzati in base ai passaggi televisivi futuri, erano
fiscalmente deducibili. La Fininvest, poi, pagava i diritti con un ampio uso dell' indebitamento bancario e, secondo alcuni analisti, il prezzo elevato dei diritti tv unito alla campagna acquisizioni
al di fuori del business televisivo (Mondadori, Standa), ha portato la società di Berlusconi nel 1993 a dover subire la richiesta di rientro crediti. La Fininvest si salva grazie all'
intervento di alcuni investitori internazionali, trovati dalla Lehman Brothers e dall' imprenditore tunisino Tarak Ben Ammar: si tratta del sudafricano Johann Rupert a capo della Nethold, del
tedesco Leo Kirch e del principe saudita Al Waleed. Sono loro che nel 1995 sottoscrivono un aumento di capitale da 1.247 miliardi di lire nella Mediaset che un anno dopo sbarcherà in Borsa.

Il problema della supervalutazione dei diritti, però, emerge già in quella fase. Il perito del Tribunale di Bergamo riscontra una differenza in negativo di 103 miliardi di lire rispetto ai valori
di conferimento in Mediaset del 1993. E la ricognizione sui conti effettuata dai tre nuovi investitori porta a valori della library assai inferiori di quelli scritti nei bilanci Fininvest. Rupert,
Kirch e Al Waleed trattano e alla fine pagano le azioni Mediaset 6.200 lire l' una, quando poi nel giugno 1996, in seguito a una nuova iniezione di diritti nella società per oltre mille miliardi
di lire, il valore di sottoscrizione dei titoli lievita a 7 mila lire. I tre danno una mano a Berlusconi e nel contempo fanno un affare. Ma un timore c' è: se la pratica della supervalutazione
dei diritti, effettuata negli anni precedenti attraverso le società di Mills, dovesse troncarsi di colpo, il prezzo di Borsa crollerebbe. Ciò non è avvenuto e in molti pensano che l'
adeguamento del valore dei diritti sia stato graduale interessando anche la fase in cui la società era già quotata. Ora il titolo Mediaset veleggia intorno ai 10 euro e tutti hanno guadagnato.
Rupert, addirittura, ha incassato un altro miliardo di dollari vendendo a Canal Plus le azioni Telepiù che aveva acquistato dalla Bil (Banque Internationale à Luxembourg). La Fininvest per legge poteva avere solo il 10% della tv a pagamento e molti ritengono che dietro la Bil ci fosse lo stesso Berlusconi.

Non a caso a trattare la vendita delle azioni a Rupert ci pensò proprio Mills, ma il magnate sudafricano non avrebbe mai concluso l' affare se quelle azioni Telepiù non fossero state iscritte nell' attivo della banca. Così era ma nulla esclude che la Bil fosse stata finanziata dalla Fininvest con un accordo tacito secondo il quale, se le azioni avessero perso di valore, il prestito sarebbe stato decurtato di un egual valore. La verità la sa solo Mills, il quale ha ammesso di aver «tenuto Mr B fuori da un mare di guai nei quali l' avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo».

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