21.1.06

Guidano di merda



Questa e'un'email che ho ricevuto ieri da Francesca T. .

Le ho chiesto il permesso di pubblicarla qui, e con mia grande gioia lei ha gentilmente accettato. Spero che dopo aver letto questo post la gioia sara' anche la vostra.

"L'India,è molto difficile raccontare perchè difficile da
sintetizzare.

E' tutta un'altra cosa, un mondo capovolto che gira al contrario, che
ha tempi e spazi solo suoi, quelli d'Oriente. Devo dire che in Asia
non c'ero mai stata e che nemmeno i precedenti viaggi potevano
lontanamente aiutarmi a capire. Ecco, innanzitutto direi che arrivi a
sfiorare la contrapposizione fra occidente ed oriente, tra due modi
diversi di essere uomini.

Premetto che io ho visto solo una parte dell'India, quella che dopo
Goa è stata piu toccata dal Turismo, anche se credo di essere arrivata
in un momento borderline, quello in cui sai che da lì a tre anni
cambieranno molte cose, inizierà la contaminazione, arriveranno gli
aerei e molta piu gente. Ma è ancora tutto primitivo, quasi vergine,
follemente economico.

Uno degli aspetti che colpisce di piu è la moltitudine di gente che ti
trovi davanti: sono milioni, le strade brulicano di gente, uomini,
poche donne, bambini, vacche, cani randagi a migliaia, capre,
carretti, biciclette, motociclette, risciò a pedali, risciò a motore,
cacca, pipi, rifiuti organici ed inorganici, batteri, umori corporali,
profumi, tanfo terribile, sterco bruciato, tabacco, polvere, terra.

Gli indiani sono ospitali, aperti, molto comunicativi, gioiosi,
curiosi fino allo sfinimento. Chiassosi, tanto, forse anche troppo. A
fine giornata hai bisogno di trovare un rifugio al casino. Sporchi,
senz'altro.

Guidano di merda, ho corso grandi paure, sono anarchici, fatalisti e prepotenti.

L'India è il paese dove tutto è possibile (all is possible...sempre
sempre..ed è vero!).

Abbiamo viaggiato su macchine noleggiate con autista, bus locali
sgangherati, bus privati sporchi, treni dell'epoca di Gandhi, stile
deportati, aerei sempre in ritardo, motorisciò, risciò a pedali,
cammello. Non è stato difficile viaggiare, a volte lungo e stancante,
poco confertevole, ma ti sposti come vuoi e dove vuoi.

La scelta di non pianificare le tappe del viaggio è stata vincente.
Decidevamo giorno per giorno, è il modo migliore per non soccombere e
sentirsi liberi.


E' stato il viaggio in cui sono entrata piu a contatto con la gente.
Abbiamo parlato, discusso, mangiato insieme, sono entrata nelle loro
case, ho visto come cucinano, ho cercato di non pensare alla totale
mancanza della piu banale norma igienica, ho distolto lo sguardo e mi
sono rassegnata a tutto, al peggio. Ma credimi, ho sempre mangiato
moltissimo, solo cibo vegetariano e non sono mai stata male. Per me i
posti da evitare sono quelli per turisti, con i loro riadattamenti.


Abbiamo conosciuto bene due ragazzi indiani molto in gamba. Abbiamo
discusso del loro lavoro e della vira privata, uno lavora e
commercializza argento, l'altro tessuti. Danno lavoro ad un centinaio
di persone dei villaggi limitrofi, hanno volglia di fare, sono smart.
Poi un ragazzo che fa la guida trekking, con un amore immenso per il
luoghi in cui vive ed altrettanta voglia di venire ad Occidente.

Abbiamo "pregato" nei tempietti sacri indù, ricevuto una benedizione
da una vecchia a Varanasi, discusso delle abitudini dei credenti
jainisti (quelli che non ammazzerebbero manco un moscerino in vita
loro), incredula osservato centinaia di persone bagnarsi nelle acque
putride del Gange.


Tutto è permeato di religione (la figura di Shiva è molto
affascinante), ma è una religione che pur sovrastandoli, è serenità,
partecipazione e gioia: è giallo, arancio e rosso, è cocco, latte e
miele, profumo di sandalo, tamburi e canti, rito collettivo e intimo
allo stesso tempo. Non mi sono mai sentita a mio agio in una chiesa
come nei templi di marmo bianco jainisti. Riesci a viverla con
intimità casalinga.

Tutto è imbrigliato nel sistema di caste, che regola la vita
quotidiana ed i rapporti fra le persone. E' sconvolgente come vada
avanti da millenni e non sia mai stato scalfito. E' resistito a tutto.
Tuttora immobile li condiziona perfidamente.

Si sposano a 21 anni e figliano. E' inconcepibile non essere sposati.
Le donne sono rescluse in casa, badano alla famiglia e cucinano tutto
il giorno se non vanno nei campi a seminare o a raccogliere la legna.

Gli uomini, fatta eccezione di quelli arricchiti dei ceti medi
cittadini che sono grassocci, sono magri e tirati. Hanno i capelli
lucidi e nerissimi, vanno spesso dal barbiere (anche improvvisato per
strada con lo specchio al muro), vestiti con camicia, pantalone e uno
straccio-coperta sopra. Sono sporchi, non lavano mai i vestiti. Il
sapone non lo usano, passano solo acqua su tutto. Nel deserto, andando
verso il confine col Pakistan, molti portano il turbante. Sono nove
metri di cotone avvalotolato di vari colori , a seconda della casta
ovviamente. Portano le scarpette a punta, dei pantaloni larghi
bianchi, un corpetto con gilet. Molti sono pastori semi-nomadi,
guidano greggi di capre marroni e nere, usano i cammelli per
trasportare merce pesante.

Le donne, specialmente quelle dei villalggi rurali, vestono abiti
sgargianti e colorati. Molti gioielli, bracciali e orecchini.
Sorridono dolcemente, salutano con slancio. Vivono come in un gineceo
- sempre con altre donne dello stesso villaggio - gli uomini sono poco
presenti.

I bambini sono tantissimi, svegli, che a tre anni gia vendono i
popcorn per strada e maneggiano soldi e resto. Potrebbero mandare
avanti una banca d'affari.

Non esiste il ceto medio o almeno solo alcune sacche embrionali nelle
grandi città. C'è una massa indistinta di poveri, poveri poveri.

La fogna a cielo aperto è ancora una realtà. Ci sono frotte di cani
randagi, magri come gli umani che come gli umani rovistano nella
spazzatura.

Gli Indiani sono però anche materialisti. Sono avvelenati per il
denaro, il cellulare è un simbolo, come la motoretta per chi se la puo
permettere.

Guardano poco la TV. A differenza del sud america dove c'è una
parabola su ogni baracca, qui no per fortuna. Per questo, forse, hanno
resistito a tutta una serie di bombardamenti pubblicitari. Vanno pazzi
per la musica ed il ballo.

Non ci sono affissioni, se mai dipingono sul muro. Ci sono pochi
prodotti occidentali, la presenza Nestlè non è ubiqua. Pochi Kit Kat
insomma...poco latte in polvere, anzi per nulla, c'hanno le vacche.

La stragrande maggioranza è analfabeta. L'inglese non è poi cosi parlato.


Di turisti occidentali non ne ho incontrati molti, salvo nei posti più
noti. Ma come sempre basta fare una deviazione, girare l'angolo e sei
di nuovo solo ... be' solo è una parolona..ci sono loro...i sempre
super-affaccendati indiani.

Il Rajastan è ricco di bellezze artistiche ed architettoniche
dell'epoca dei marajà. E' possibile dormire in alcuni alberghi che
erano in passato vecchie dimore o di ricchi mercati o degli stessi
marajà. noi ad esempio abbiamo dormitoin una meravigliosa stanza del
'500.

Il sistema economico si regge ancora sulla bottega, come nel medioevo.
C'è chi ripara suole, chi mette i lacci, chi lavora il legno, chi
vende letame, e cosi via. Ci sono ancora i mestieri, vivadio, è bello
vedere la mano dell'uomo.

Siamo andate in visita in un centro spirituale famosissimo che ha sedi
in tutto il mondo. Sai quelle cazzate new age? Be' ecco proprio
quelle. Un prete dei loro, tutto vestito di bianco ha tentato di
ipnotizzarci. Io quando alla fine del discorso mi ha interrogato ho
sbagliato risposta. C'è rimasto di merda. ehe ehehe.

Di esperienze magiche ed indimenticabili, al di sopra di tutto ne ho
fatte due: una a Varanasi e l'altra quando siamo andate a stare in un
villaggio sperduto che per arrivarci abbiamo camminato per 20km a
piedi e preso tre jeep collettive...l'alternativa era il cammello...

Varanasi:
come forse sai, è il luogo sacro per gli Indiani, quello in cui gli
induisti vorrebbero andare per essere cremati e gettati al gange.
Abbiamo avuto la fortuna di assistere ad uno spettacolo unico,
stupefacente ed incredibile, di notte dall'alto di un palazzo
affacciato a questo ghat delle cremazioni. Decine di alte pire di
legno su cui bruciano i corpi, ne intravedi le sagome. Sotto campane e
tamburi, litanie. Dal basso sale un odore acre di carne bruciata,
sandalo, profumi, unguenti. Le strade che portano al ghat sono vicoli
stretti, c'è un'intera umanità, forse tra le persone piu povere che
abbia visto, senz'altro un posto autentico, mistico, molto umano.
Posto imperdibile, devi avere il triplo pelo sullo stomaco,
soprattutto se vuoi alloggiare li nella citta vecchia (con la cacca
alle caviglie).

Nei villaggi in cui siamo state, non era arrivato quasi l'uomo bianco.
Nel senso che vivono nel quasi completo isolamento. Sono lontanti dai
centri piu grandi dove passa l'autobus, spersi nella campagna, senza
mezzi di comunicazione, fermi a rituali e ad un'economia di
sussistenza che gli da a mala pena da mangiare. Ci siamo andate con
una nostra guida di trekking, con una amica americana.
Non parlano inglese, ci siamo fatte tante risate per spiegarci, ma
alla fine credimi, si comunica comunque. Abbiamo dormito in un stanza
per terra, su dei materassi che erano color terra...con un freddo
polare, a pochi gradi che di notte fa molto freddo. Niente acqua e
niente bagni, vai al fiume in secca e fai la cacca, un'enorme lettiera
collettiva.
Abbiamo mangiato nella casa di uno del villaggio: sempre a terra, su
un tappetone. Verdure, chapati cucinato da loro sul fuoco, il grano
caldo del pentolone col latte di mucca sopra, salsa piccante. Ero
felice e satolla. La sera tutti riuniti in un'altra casa a parlare,
donne e uomini, soprattutto donne.

Abbiamo viaggiato per tre settimane, di cui due sempre in compagnia di
una signora americana di 55 anni che viaggiava in India da quasi un
annno. Un aforza della natura, intelligente, forte, molto figa. Da
giovane era una hippy, ha vissuto il '68 in California, l'epoca beat,
è vissuta in una comune, fatto un figlio allevato li a 17 anni, girato
il mondo, avuto due mariti...etc. E' stata una bella compagnia.
Esplosiva.

Sono partita stanca di tutta la confusione, del disordine, della
sporcizia devastante.
A distanza di due giorni, te lo sottoscrivo, ci tornerei domani. Penso
comunque che prima o poi continuerò a girarla tutta."

Grazie Francesca!

12.1.06

Un'idea meravigliosa...



Questa e'un'idea. Una di quelle idee che mi piacerebbe venissero a me. Ma insomma, quando un'idea e' buona bisogna onorarla e rispettarla, anche quando viene a qualcun'altro. E questo qualcun'altro e' Alex Tew un giovanotto ventunenne del Wiltshire, che voleva mettere insieme qualche soldo su internet per pagarsi gli studi.

E che cosa ha pensato? Vendere pornografia? Commerciare farmaci? No. Vendere pixels.

Quindi ha creato la sua homepage, dal nome esotico ed originale 'milliondollarhomepage' (insistete - e'molto popolare e potrebbe essere un po' trafficata) e l'ha concepita come fosse un tabellone pubblicitario fatto di un milione di puntini. I puntini li ha messi in vendita ad un dollaro l'uno. Un quadratino di 10x10 pixels (piu' o meno grande quanto una lettera) costa quindi 100 dollari.

Dopo aver raggiunto i primi mille dollari con i pixels venduti a parenti e amici, ha fatto un comunicato stampa. La storia e'stata pubblicata su internet e sui maggiori quotidiani, suscitando l'interesse di investitori nei piu' svariati campi - da agenzie immobiliari, a quotidiani nazionali, a casino online, che hanno cominciato a comprare spazio da cui 'linkare' le proprie pagine web.

Ieri si e'conclusa l'asta per gli ultimi 1000 pixels (su ebay). Come vedete, sono stati venduti per piu' di 38.000 dollari.

Apparentemente, tutti i soldi sono ancora in banca, e l'unica spesa fatta e' stata una mini di seconda mano, visto che il tizio ha appena preso la patente.

C'e' qualcuno di voi che ha qualche idea simile che mi vuole passare?